fuori sede - coronavirus

Con gli ultimi decreti e il divieto degli spostamenti, molti fuori sede si sono ritrovati “bloccati” nelle città universitarie. La decisione di non tornare, di non rischiare di alimentare ulteriormente il vortice dei contagi, è stata per molti sofferta, ma responsabile.

Ci siamo chiesti cosa significhi essere un fuori sede al tempo del coronavirus e abbiamo immaginato la nostalgia di casa, la preoccupazione per amici e parenti lontani. Tra una lezione online e l’altra, la noia è la stessa per tutti, bisogna tenere alto il morale. Ma come si fa?

Abbiamo fatto un aperitivo virtuale con Cristina, studentessa fuori sede “controcorrente”. Studia all’Università degli studi di Roma “Tor Vergata”, e si è trasferita nella capitale spostandosi da Crema, una cittadina poco distante da Cremona, del Nord Italia.

Come va Cristina? Come stai vivendo questa situazione?

Diciamo che è difficile e si cerca di reggere il più possibile, più che altro perché non si può tornare a casa. Al momento la preoccupazione per la mia famiglia è tanta, anche se so che si stanno comportando secondo le regole. Ho notizie della situazione drammatica dell’ospedale di Crema: è ormai al collasso e hanno appena accolto la delegazione cubana di medici volontari, per gestire il nuovo ospedale da campo.

Quando hanno annunciato la chiusura imminente della Lombardia, hai pensato di tornare a casa, per essere vicina alla tua famiglia?

No, non ci ho pensato.  Da un lato avrei potuto decidere di andare, con il rischio di non poter entrare, e poi c’era il rischio di non poter uscire. E qui a Roma dovevo lavorare. Mi sono molto arrabbiata quando ho visto l’assalto ai treni a Milano Centrale, quando è uscita quella bozza di decreto. Significa non avere proprio coscienza, bisogna essere responsabili, soprattutto in un momento del genere, quando la priorità è la salute.

Vivi con altri studenti?

Sì, siamo quattro ragazze in casa, tutte e quattro fuori sede. Adesso siamo due, le altre sono rientrate dai genitori in tempi ancora “poco sospetti”.

Come ti trovi con le lezioni online?

Non benissimo in realtà. Con alcuni professori facciamo lezione interattive, ma c’è sempre il problema della connessione ed è difficile gestire gli interventi degli studenti senza trasformarle in un dialogo tra uno studente e il professore. Comunque meglio di nulla: l’importante è non fermarsi.

Lezioni a parte, cosa fate in casa per ingannare il tempo?

Principalmente cuciniamo, mangiamo e ci consoliamo con qualche aperitivo, anche online con amici e parenti. Io ho una passione per la pasticceria, infatti sto sperimentando un sacco di nuove ricette. Per il resto puliamo la casa, guardiamo film, qualsiasi cosa che ci strappi un sorriso. La cosa più difficile non è solo essere lontani dai nostri cari, è non sapere quando li potremo rivedere. Per ora la viviamo giorno per giorno, poi si vedrà. La cosa importante è non buttarsi giù!

Ringraziamo Cristina per averci raccontato la sua esperienza e le auguriamo il meglio per il futuro.

E per tutti noi, anche se è snervante, anche se fa paura, dobbiamo tenere duro! E soprattutto #restiamoacasa!

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