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Rebecca ci presenta la storia dietro alla sua tesi sperimentale, focalizzata sui fattori che influenzano il timing di posizionamento della Gastronomia Endoscopica Percutanea (PEG) nei pazienti con Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA)

Autore: Rebecca Ganzerla
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – Dipartimento di scienze mediche e chirurgiche materno-infantili e dell’adulto – Professioni sanitarie – Corso: Logopedia
Titolo: Aspetti Epidemiologici e clinici nei pazienti con Sclerosi Laterale Amiotrofica sottoposti a intervento di Gastrostomia Endoscopica Percutanea nella regione Emilia-Romagna
Di che cosa tratta la tua tesi?

La mia collega e io abbiamo deciso di continuare uno studio di ricerca avviato da un’altra tesista. Il focus è incentrato sui fattori che influenzano il timing di posizionamento della Gastronomia Endoscopica Percutanea (PEG) nei pazienti con Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). La SLA è una rara malattia neurodegenerativa caratterizzata dalla progressiva degenerazione dei motoneuroni, che determina, tra molte conseguenze, lo sviluppo di una disfagia progressiva. Attualmente, il trattamento della disfagia include interventi logopedici e nutrizionali, tra cui la PEG, ma la decisione e il momento del posizionamento della PEG è influenzato da molteplici fattori complessi. Il nostro studio, condotto su 1572 pazienti nella regione Emilia-Romagna, si è concentrato su parametri clinico-epidemiologici e clinico-assistenziali. In particolare, la mia parte della tesi ha esaminato le relazioni tra timing della PEG, variabili demografiche e caratteristiche cliniche. I risultati hanno suggerito la possibilità di sviluppare un algoritmo decisionale per facilitare il timing
di proposta della PEG al paziente da parte degli operatori, al fine anche di concedere al paziente più tempo per comprendere meglio la procedura e decidere se effettuarla.

Perché hai voluto toccare questo argomento, che conclusioni hai tratto?

Durante il tirocinio nei servizi di Neurologia e Neuroriabilitazione, la prima paziente presentatami è stata proprio una prima diagnosi di SLA. Questo caso mi ha profondamente toccato, dalla storia della paziente al peso della diagnosi che abbiamo comunicato. Soprattutto, mi ha colpito il fatto che la paziente continuasse a fare molte domande alle quali, sia io che la mia guida di tirocinio, non sapevamo rispondere con certezza a causa della mancanza di conoscenze disponibili in letteratura sull’argomento. Questo momento è stato determinante: ho deciso che la mia tesi universitaria avrebbe affrontato il tema della disfagia nella SLA, perché sentivo il bisogno di approfondire la mia conoscenza su questo argomento così importante e di apportare, se possibile, nuovi dati alla letteratura.

Quale consiglio daresti a un collega laureando per preparare la sua tesi?

Spesso si sente dire che lo scoglio più grande è l’inizio e che poi il percorso continua in discesa. Per mia esperienza personale non credo sia proprio così. I miei problemi più grandi sono stati la costanza e, talvolta, la comunicazione con i relatori.

Per questo motivo mi sento di consigliare in primis di scegliere un argomento che susciti veramente interesse, per ridurre almeno in parte il peso del lavoro.

Consiglio inoltre, di non sottovalutare la scelta del relatore, perché avere al proprio fianco una persona disponibile e presente è sicuramente un grande aiuto.

Infine, consiglio di utilizzare elenchi, schemi, mappe, indici e tutto quello utilizzabile per riuscire a organizzare il lavoro fin dal principio e aiutarsi a mantenere il filo logico del ragionamento.

Che rilegatura hai scelto per la tua tesi e perché?

Ho scelto una rilegatura rigida, incisa nuvolata di color avorio, con scritte color rame

Sceglieresti di nuovo il corso di laurea che hai frequentato?

La mia scelta primaria era quella di fare Medicina. Ho iniziato invece gli studi di Logopedia e me ne sono innamorata! Mi è piaciuto il corso, ho amato i pazienti, apprezzando a pieno il lavoro che andrò a fare.
Vista la mia esperienza, mi sento quindi di consigliare di non abbattersi se non si riesce a fare subito quello che ci si è prefissati di fare, a volte il destino pone delle alternative molto valide.
E se, una volta provata l’alternativa, non ci si sente soddisfatti, si fa sempre in tempo a cambiare percorso.

Se potessi tornare al tuo primo giorno di università, quale consiglio daresti al te stess* dell’epoca?

“Se tornassi indietro mi direi: “Rebecca affronterai tre anni che, da una parte sembreranno lunghissimi e molto faticosi, ma dall’altra parte saranno anche bellissimi e finiranno prima che tu te ne accorga.
Porta pazienza e organizza bene lo studio perché tu stessa sarai l’artefice del tuo percorso universitario, dei tuoi voti e delle tue soddisfazioni.
Ricordati però che tu non sarai il voto che prenderai. Non studiare solo per il voto finale, ma studia per assimilare quanto più possibile i concetti che ti serviranno per il tuo futuro lavorativo.

Non avere paura di sbagliare perché è così che si impara. E non avere mai paura di fare domande perché nessuna domanda è stupida se ti serve a imparare qualcosa di nuovo.

Cerca qualcuno che sia simile a te all’interno del tuo corso con cui potrai condividere il peso del lavoro, lamentarti quando penserai di non farcela più e sentirti capita e incoraggiata. Vedrai che affrontare un percorso tanto faticoso in compagnia riduce davvero la fatica e te la fa apprezzare ancora di più.”


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