Oggi esiste ancora un limite estetico che mi permette di discernere ciò che bello da ciò che non lo è oppure il fatto che tutto sia diventato così vicino e reperibile rende difficile cogliere la polarità delle cose?
La domanda che Elena si fa nella sua Storia di Tesi non è una domanda per nulla scontata, come ci spiega lei stessa.
Autore: Elena Mantesso
Di cosa tratta la tua tesi?
Il mio progetto di tesi indaga il campo dell’Estetica in ottica comunicativa poiché la mia laurea è in comunicazione, nello specifico: Scienze e tecniche della comunicazione grafica e multimediale – laurea triennale presso lo IUSVE di Venezia.
Il tema è complesso e per renderlo forse più chiaro inserisco qui di seguito parte della mia presentazione di tesi dove ho tentato di riassumere in 10 minuti 100 pagine di speculazione.
Titolo: L’estetica del Limite. Un’interpretazione dello Shock nel Contemporaneo
«Oggi l’immagine caratterizza ogni ambito della vita, tanto da portare alcuni studiosi a definire la nostra epoca come quella dell’estetica diffusa, ovvero un mondo dove i fenomeni estetici prendono il sopravvento. Due sono i fattori chiave che determinano il cambiamento nel campo dell’esperienza: lo spazio e il tempo. Nel contesto contemporaneo il tempo è rarefatto, ha perso la sua consistenza e lo spazio ha aperto i suoi confini e non presenta più lo stesso ruolo di un tempo. Ma per comprendere come oggi sia cambiata la modalità di entrare in relazione con le cose e la percezione di esse è fondamentale fare un passo indietro.
Infatti sono 2 i concetti che fondano la speculazione estetica: il bello e il gusto. Entrambi evolvono nei secoli e portano con sè cambiamenti nel modo di esperire e provare piacere di fronte alle cose del mondo. Quando parliamo di estetica il secolo di svolta è stato il 1700, non solo perché è il secolo che rappresenta la nascita di questa dottrina ma in special modo perché porta la nobilitazione del sensibile e la valorizzazione di elementi fino a quel momento poco apprezzati come: sublime, il brutto, mostruoso e il grottesco.
Con l’avvento del capitalismo e l’evolversi del mercato si assiste nell’epoca dell’industrializzazione a profondi cambiamenti dal punto di vista antropologico, sociologico oltre che estetico. In questo periodo il soggetto dovette fare i conti con i primi segni di una perdita di solidità della realtà delle cose poiché tutto il mondo diviene duplicabile, vicino e il desiderabile. Il manufatto artigianale lascia posto al prodotto industriale e di conseguenza anche il ruolo dell’immagine cambia totalmente.
L’autore che ci aiuta a comprendere tutti questi passaggi è Walter Benjamin che organizza le proprie argomentazioni intorno alla polarità tra aura e shock. L’aura si configura come una guaina che investe gli oggetti e gli eventi pregni di storia, di tradizione ed essa contraddistingue secondo l’autore l’opera unica e irripetibile. Lo shock invece si configura elemento caratteristico della modernità e nello specifico come lo spiazzamento dell’inaspettato nel campo della visione ovvero la reazione derivante dall’iperstimolazione dei nuovi mezzi di comunicazione e di intrattenimento – come il primo cinema – che provocano nel soggetto una frantumazione percettiva. Quindi capire che cosa significava un tempo shock ci torna utile per comprendere e analizzare la realtà dove attualmente noi viviamo.
Nel contesto contemporaneo tutto diventa appeal, attrattività e rincorsa al soddisfacimento dei desideri. Il mercato rende necessaria la produzione di esperienze desiderabili in ogni campo infatti oggi l’economia e marketing vengono presi in considerazione come fattori incidenti nell’indagine estetica.
Oggi il distacco e la contemplazione [che fino al XVIII rappresentava la modalità attraverso cui si il soggetto entrava in relazione con l’opera] non esistono più e lasciano spazio ad una fruizione vicina dominata dalle emozioni.
Ciò che un tempo era definito scioccante oggi non lo è più e anzi, il rischio per il soggetto è quello di sconfinare nell’an–estetica poiché l’onnipresenza dei media e del dato iconico ha allenato la coscienza dell’individuo postmoderno nell’assimilazione del dato scioccante e quindi il fruitore rischia di scivolare verso l’oscenità della visione fine a se stessa.
Nel mondo di oggi a livello di contenuto tutto diventa possibile e di conseguenza anche invisibile perché ormai parte della dieta iconica dell’individuo (routine). Quindi lo shock oggi – come strategia e tecnica comunicativa – non può più essere legato come per Benjamin al dato iconico ma dovrà riferirsi al dato valoriale. Ecco che oggi diventa necessaria una nuova definizione di shock.
Un esempio è lo shock advertising che rappresenta una categoria di pubblicità capace di provocare un forte impatto emotivo sullo spettatore. Tale forma comunicativa fonda la sua strategia nell’uso di immagini che trattano di tematiche sensibili, delicate e molto spesso non proprie dell’ambito pubblico ma connesse alla sfera dell’intimo come ne è prova il lavoro di Oliviero Toscani e nello specifico la sua collaborazione con il brand Benetton. Il comunicatore con i suoi lavori eccede il limite fino al tempo conosciuto dalla pubblicità per spingersi verso forme espressive nuove e quindi nuove esperienze. L’effetto scioccante in Toscani, sta nella commistione di linguaggi estetici propri di discipline differenti – come la cronaca e l’arte- radunate in un unico prodotto comunicativo commerciale.
La strumentalizzazione delle emozioni e dei valori non è qualcosa che si ritrova soltanto nelle tecniche sperimentali dell’advertising. Basta infatti accendere la tv e vediamo quotidianamente talk show, serie tv e prodotti comunicativi vari che utilizzano l’emozione, la dissonanza valoriale e l’istigazione umana alla curiosità come chiave del successo.
Un esempio è la serie tv Black Mirror che si discosta per struttura e contenuto dalle abituali forme narrative. Si articola in vari episodi indipendenti tra loro, ma accomunati dalla medesima tematica ovvero quello del rapporto tra soggetto e tecnologia digitale. Black Mirror intende evocare lo schermo nelle sue evoluzioni e proliferazioni attuali e future, infatti “Lo “schermo nero” del titolo è quello che si può trovare su ogni parete, su ogni scrivania, sul palmo di ogni mano: il freddo e lucido schermo di un televisore, un monitor, uno smartphone il quale trasforma l’individuo in spettatore voyeur alimentando il suo desiderio di curiosità e di piacere La partecipazione voyeuristica dello spettatore viene innescata fin dalla sigla.
La rottura visiva e sonora del vetro simbolicamente rappresenta lo squarcio che divide la quinta teatrale dallo spettatore. Dal momento in cui, nei titoli di testa, lo schermo si infrange va ad annullarsi la distanza presente tra il prodotto e chi lo fruisce. L’irrompere del mondo narrativo verso lo spettatore da risposta al desiderio dell’individuo postmoderno di entrare nello schermo. L’aspetto attrattivo della serie è legato al fatto che lo schermo/specchio in cui lo spettatore è immerso permette di avere esperienza di qualcosa che spaventa, scuote l’animo del fruitore, ma il tutto da una posizione privilegiata, estremamente vicina ma allo stesso tempo lontana, che porta il soggetto a godere della visione.
Un altro caso è quello di Pomeriggio Cinque, il talk show pomeridiano condotto da Barbara D’Urso catalogato da molti come infotainment, ovvero un format che unisce informazione e intrattenimento. L’unione ibrida di due generi così diversi determina la commistione di realtà e tolleranze visuali ed emotive differenti. L’oggettività e il rigore da una parte e il gossip dall’altra. Il collante dei contenuti così diversi non è la veridicità o la fondatezza delle fonti ma l’emotività data l’esaltazione della dimensione privata e la drammatizzazione della scena pubblica. Questa tipologia di programmi trasformano il soggetto in un voyeur moderno che manifesta un’insopprimibile desiderio di conoscere ed entrare nella vita degli altri. La strategia visiva – regia e montaggio – porta lo spettatore ad “entrare” nello schermo e sentirsene parte abbassando le difese avendo esperienza diretta e non distaccata/riflessiva dei contenuti.
Infine possiamo dire che se il superamento dei limiti della fruizione classica ha aperto alla creazione di esperienze inedite e fino a un secolo fa impensabili è altrettanto vero che come sottolineava McLuhan le nuove tecnologie, hanno un doppio risvolto: sono da un lato interattive e per questo motivo stimolano la creazione di esperienze ma allo stesso tempo, nel contesto contemporaneo, il pericolo è quello dell’INTORPIDIMENTO e dell’effetto narcotico perché nemiche del giudizio e della percezione distinta. La possibilità di avere esperienze estetiche ovunque e la convergenza dei diversi contenuti fa si che tutto diventi sempre più vicino e “invadente” nella vita del fruitore.
Alla fine ciò che ci chiediamo è: Oggi esiste ancora un limite estetico che mi permette di discernere ciò che bello da ciò che non lo è oppure il fatto che tutto sia diventato così vicino e reperibile rende difficile cogliere la polarità delle cose?
In conclusione possiamo dire che questo è difficile a dirsi ma sicuramente come diceva Sant’Agostino la verità la si può trovare unicamente dentro di noi. Soltanto l’esercizio del dubbio può rappresentare, in un mondo saturo di stimoli e immagini, l’elemento che permette all’uomo di conoscere realmente.»
Perché hai voluto toccare questo argomento, che conclusioni hai tratto?
Ho deciso di trattare questo tema per pormi una sfida e mettermi alla prova e indagare le origini dei concetti estetici per comprendere quali siano i motivi che oggi spingono il soggetto ad avvicinarsi e fruire determinati contenuti rispetto ad altri. L’indagine non è stata sicuramente facile e per forza di cose ho dovuto l’imitare il mio indagare, altrimenti non avrei più terminato la tesi.
Le motivazioni che mi hanno spinta ad indagare l’origine della percezione del dato estetico vanno ricondotte al fatto che, in un mondo dove la tecnologia ha reso tutto ovvio e accessibile, la volontà di conoscere fino in fondo un “qualcosa” è sempre più fievole. Dopo aver delineato i passaggi essenziali nel campo dell’indagine sul gusto e del limite estetico, legati inizialmente al mondo dell’arte, l’attenzione è stata posta al contesto mediatico contemporaneo.
Nel percorso di analisi la principale difficoltà, ma allo stesso tempo la sfida, è legata al fatto che nel momento in cui il mondo della comunicazione entra in commistione con il business tutto si complica. La trattazione ha evidenziato come l’avvento dei new media abbia radicalmente mutato la modalità di esperire del soggetto decretando un prevalere dei sensi rispetto alla ragione. Nell’epoca della fluidità e della velocità, dove il motto è “chi si ferma è perduto”, l’intento finale è quello di far emergere nel lettore la consapevolezza che soltanto il porsi domande e il mettere in dubbio tutto ciò che abbiamo di fronte conoscendo le cose da più punti di vista permette al soggetto di avere un quadro completo e conoscere realmente.
In futuro continuerai ad approfondirlo?
Penso che questo tema resterà sempre a me caro perché la conclusione a cui sono arrivata rappresenta un po’ il mio stile di vita… non cerco mai di dare le cose per scontato e chiedermi il perché di ciò che vedo e sento. Questa modalità penso sia fondamentale per qualunque soggetto e in special modo per chi come me si occupa di comunicazione e offre un servizio alle persone.
Pensi che la tesi ti sarà utile per il tuo futuro professionale, e in che modo?
Sicuramente i libri che ho letto mi hanno fatto approfondire un argomento chiave nel mondo della comunicazione e della grafica, ovvero il concetto della bellezza e del piacere. D’altro canto ho scelto di trattare un tema così “filosofico” e poco progettuale poiché sapevo che nel corso della vita non mi sarebbe più capitato di approfondire un argomento in modo così analitico e immersivo.
Quale consiglio daresti ad un collega laureando per preparare la sua tesi?
Il primo consiglio è sicuramente quello di seguire le proprie passioni e il proprio istinto e di non fermarsi di fronte alle prime difficoltà. Io sono una persona molto determinata ma non nascondo che questa tesi mi ha messo alla prova. Ho deciso consapevolmente di dedicare all’elaborato 5 mesi della mia vita, 24 ore su 24, sacrificando molte ore di sonno, soprattutto nella fase finale, ma tutto è stato ripagato nel momento in cui l’ho riletta in modo completo.
Quindi credete in voi stessi e nelle vostre capacità e non abbiate paura di confrontarvi con il vostro relatore o le persone attorno a voi perché sono loro che vi danno la forza. Infine come consiglio a monte che mi sento di dare ad un collega laureando è di scegliere bene il proprio relatore/relatrice perché fa la differenza. Io sono felice e anche orgogliosa di dire che la mia relatrice mi ha seguito in modo impeccabile, dandomi la forza giusta per non mollare mai anche nei piccoli momenti di sconforto o difficoltà.
Il tuo corso di laurea che figura professionale forma? Dove potresti lavorare?
Il mio corso di laurea configura un professionista poliedrico: un comunicatore che si sa destreggiare in vari campi risultando sempre professionale. Ovviamente dopo la triennale ognuno decide di specializzarsi in qualcosa di specifico ma l’impronta umanistica e sociologica rende unico e grande il percorso della mia università. Potrei lavorare in un agenzia di comunicazione ma come in un azienda per la gestione della comunicazione interna ed esterna.
Sceglieresti di nuovo il corso che hai frequentato?
Al di là delle difficoltà che in tre anni si possono incontrare in un normale percorso universitario, rifarei questa scelta altre 1000 volte sia per il grande livello dei docenti sia per l’organizzazione interna dell’Università che ha ci ha permesso fin da subito di entrare a contatto con realtà concrete e quindi dare spessore all’offerta formativa. Sono felice della mia scelta e del mio percorso quindi non posso che consigliarlo a chiunque voglia intraprendere questo tipo di carriera.
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