Quando si parla di scuola si pensa sempre alle stesse cose: banchi, maestre, lunghe ore, compiti… poche volte ci si sofferma sul significato che la scuola ha davvero nelle nostre vite. Michela ne ha fatto una missione e un lavoro di ricerca per la sua tesi.
Università degli Studi Suor Orsola Benincasa – Napoli – Educazione ambientale e sviluppo sostenibile
Tesi di dottorato – Titolo: “Ivan Illich: l’implicito pedagogico”
Autore: Michela Esposito
La mia tesi tratta di pedagogia radicale, una pedagogia praticamente cancellata dai libri per la formazione dei docenti. E a buona ragione!
Infatti questi autori (Ivan Illich in particolare, ma anche John Holt; Paulo Freire, Everett Reimer) dimostrano scientificamente (con algoritimi, studi sociologici e statistici) che la scuola non crea migliori condizioni di partecipazione politica e sociale. Tutt’altro.
Nel mio lavoro in pratica procedo a ritroso. Ripercorro le citazioni (poche) incontrate nel mio percorso formativo come docente facendo osservare che sono tutte fonti “di seconda mano”. Cioè nessuno degli autori ha letto i testi in originale dei “descolarizzatori”. Tutti si rifanno a citazioni fatte da autori degli anni Settanta. Allora riparto da lì, dagli anni Settanta. Un tempo in cui in Italia si stava promuovendo la scuola media unica, si stava smantellando la scuola gentiliana, e da poco erano nati gli asili materni. In questi anni, la visione di scuola come strumento di colonizzazione culturale non poteva forse nemmeno essere capita.
Ma questi descolarizzatori erano dell’altro occidente, quello in cui “democrazia” e “emancipazione” era significato in realtà perdita di autonomia politica e legittimazione di una nuova classe al potere: la borghesia. Erano autori dell’altra America (quella del Sud).
Ho voluto toccare questo argomento perchè avevo bisogno come maestra di ammettere la possibilità che la scuola sia seriamente corrotta. Crea davvero emancipazione? O si sta creando un nuovo mercato? Chi può pagarsi master, corsi di lingua, studi all’estero… insomma questo famigerato Life Long Learnig… non è forse un mercato globale dei titoli di studio?
Dal punto di vista politico non vedo perchè si debba fare dei titoli di studi una ‘barriera d’accesso’, così come la tecnologia lo è nelle imprese! Storicamente la scuola di massa è stata una scelta della borghesia per legittimare l’ascesa sociale attraverso la cultura, poi è stata utilizzata dalla classe operaia per la stessa ragione. Entrambe pongono alla base il progresso, adattare l’uomo alla macchina e inseguire la maggiore produzione al minor sforzo.
E se questa produzione non servisse? Allora come sarebbe la scuola? Questo si chiede la mia tesi, in un’ottica decisamente ecologista.
Sicuramente approfondirò il tema, anzi vorrei altri lo facessero. Per questo sto cercando di curare la voce ‘descolarizzazione’ in wikipedia e cercando di diffondere il più possibile, gratuitamente la mia tesi. Da sola non posso farcela.
Professionalmente mi sarà utile perchè ho approfondito molto le iniziative sociali nel campo dell’educazione. In questo modo si possono creare reti, avere idee nuove, tracciare nuove vie educative nella scuola pubblica, invece di lasciare alla scuola privata le migliori iniziative (persino quelle delle scuole libere).
Io rifarei lo stesso percorso di studi, ma forse in un’altra università. Consiglierei a chi studia scienze della formazione di farlo con passione, compromesso e dedizione. Abbiamo bisogno di buoni docenti, innovativi, con idee diverse. I docenti non sono funzionari dello Stato, sono stati i maestri di un’idea: la cultura pubblica accessibile a tutti. Abbiamo bisogno di professionisti che ne siano coscienti.
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