La fotografia ha da sempre un impatto incisivo nella rappresentazione visiva del messaggio che si vuole mandare. Anche quando il tema è delicato come quello della salute mentale. Alessia ci parla della sua tesi che analizza l’utilizzo di figure retoriche nella fotografia still life per la rappresentazione del malessere psichico.
Autore: Alessia Morcelli
Accademia di Belle Arti di Brera – Milano – Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate – Corso di Diploma Accademico di Secondo Livello in Nuove Tecnologie dell’Arte – Fotografia
Titolo: Sinestesie. La Risignificazione Fotografica per Comprendere il Malessere Mentale
Di che cosa tratta la tua tesi?
La tesi che ho sviluppato tratta tre macro argomenti tra loro messi in correlazione.
Il primo tema è un’indagine sulla salute mentale, sul malessere psichico e di come questo sia visto dai giovani e interpretato nell’arte.
Il secondo tema riguarda la fotografia di still life, cioè quella tipologia di fotografia realizzata in studio che prevede una scena statica costruita dal fotografo.
La terza tematica unisce le prime due: l’uso delle figure retoriche nella fotografia di still life per rappresentare il malessere della salute mentale. La tesi è formata quindi da una lunga parte di ricerca scritta e da un progetto fotografico.
Perché hai voluto toccare questo argomento, che conclusioni hai tratto?
Mi sono appassionata al tema della salute mentale durante la pandemia del Covid-19. A metà percorso di tesi, inoltre, mi è stata diagnosticata la depressione. Ho voluto, quindi, provare a esorcizzare il mio problema analizzando come viene rappresentato questo delicato argomento nell’ambito artistico.
Quale consiglio daresti a un collega laureando per preparare la sua tesi?
Mi è capitato di sentire di colleghi che si sono ritrovati “vittime” dei loro relatori/correlatori.
Consiglio quindi di non farsi travolgere, dovete essere voi a scegliere il relatore e non il contrario. La tesi è il vostro lavoro, governatela e prendete le decisioni finali. Il relatore e il correlatore devono essere la spalla, non la testa di tutto.
Consiglio, inoltre, di approfondire un argomento di cui avete un reale interesse. Se, come me, avete a che fare con l’arte e la creatività, provate a dare un contributo personale alla tesi.
In questo modo il percorso risulterà gioioso e interessante.
In aggiunta, consiglio di attrezzarvi bene. Utilizzate strumenti come Zotero per la stesura esatta della bibliografia e Google Docs o Google Drive per la condivisione dei files.
Oltre a ciò, consiglio di fare una linea temporale per segnare le scadenze e i vari incontri prefissati. Come dice il detto “Chi ben comincia è a metà dell’opera”.
Che rilegatura hai scelto per la tua tesi e perché?
Ho scelto due rilegature differenti. Per i miei relatori ho fatto una brossura con cartoncino perché non volevo fosse un manuale ingombrante nella loro libreria, ma ci tenevo comunque a lasciare un ricordo del nostro percorso insieme.
Per me e per i miei genitori ho scelto una rilegatura rigida in similpelle bianca, rigorosamente abbinata agli accessori del mio outfit, perché nella mia libreria deve spiccare come un trofeo! Trofeo che ho mostrato con orgoglio nelle foto e nei ricordi di quel giorno speciale.
Sceglieresti di nuovo il corso di laurea che hai frequentato?
Ho studiato Nuove Tecnologie dell’Arte. Mi sono piaciuti molto i contenuti, un po’ meno le modalità di gestione dei corsi. Probabilmente sceglierei lo stesso corso ma in un’Università differente.
Ho studiato all’estero per tutto il triennio e nel biennio della magistrale ho avuto l’occasione di fare un anno di Erasmus. Credo che se avessi effettuato tutto il biennio all’estero, avrei ottenuto una formazione migliore. Ho constatato molta più pragmaticità e concretizzazione, finalizzate all’apprendimenti di un lavoro e di un pensiero più orientato al “saper fare”, piuttosto che “sapere per sapere”.
Ovviamente non voglio generalizzare, ma, basandomi sulla mia esperienza, all’estero ho riscontrato più apertura mentale e meno rigori accademici/burocratici.
Se potessi tornare al tuo primo giorno di università, quale consiglio daresti al te stess* dell’epoca?
Sono molto soddisfatta del mio percorso. Alla me stessa il primo giorno di università, forse, direi solo di non aver fretta e di godersi di più l’esperienza. Come ad esempio, uscire con i colleghi e gli amici, conoscere meglio i professori, seguire le conferenze, gli incontri, le assemblee. Le direi ciò per farle capire di non essere solo spettatrice del mondo accademico ma di parteciparvi attivamente, non solo come studentessa ma come persona in primis.
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