Chissà come parlavano tra loro gli antichi romani? Chissà cosa scrivevano nelle loro lettere d’amore? Laura Figari ci accompagna alla scoperta di un mondo antico che non ha nulla di noioso come ci hanno fatto credere a scuola. Tutto amore, cuore, passione.
Nessuna lingua è morta fino a quando qualcuno cercherà di capirla! 🙂 Bravissima Laura! Un bel lavoro di Tesi per le nostre Storie di Tesi.
Università degli Studi di Genova – Scuola di Scienze Umanistiche
Laurea triennale in Lettere Classiche in Storia della Lingua Latina
Titolo: Cercando tracce di latino parlato nelle Heroides di Ovidio
Autore: Laura Figari
1) Di cosa tratta la tua tesi?
Il mio obiettivo era quello di analizzare il tipo di latino utilizzato in quest’opera, cercando tracce di quello che potrebbe avvicinarsi a un linguaggio più colloquiale e di uso quotidiano. La cosa potrebbe fermarsi qui, se non fosse che le Heroides sono un’opera scritta in poesia da un autore latino vissuto a cavallo tra il I sec a.C. e il I d.C.
Ecco quindi che si presentano i problemi più grossi:
a) è possibile trovare tracce di lingua parlata/colloquiale in un’opera in poesia?
b) per chi magari non è molto in confidenza con il nostro buon Ovidio, ricordo che il suo stile poetico era molto lontano dalla lingua quotidiana, e più improntato a una valorizzazione stilistica e artistica.
c) infine come possiamo conoscere esattamente in che modo i Romani parlavano nella vita di tutti i giorni? Il latino è una lingua morta, e come tale è impossibile da ricostruire nei tratti di parlato: le uniche testimonianze che abbiamo sono date dalla letteratura (che spesso anzi aborriva il ricorso a forme poco letterarie o vicine ad un linguaggio parlato). Ci riesce d’altra parte piuttosto difficile immaginarci Cicerone che sbraita: «Quo usque tandem abutere, Terentia, patientia nostra?», discutendo con la moglie che lo assilla chiedendogli di comprare altra stoffa per l’ennesimo abito alla moda. Più probabile che abbia usato un tono più dimesso (e, perché no, anche più colorito). Sicuramente, meno solenne di quello di una Catilinaria.
In qualche modo i Romani parlavano, e parlavano un latino diverso da quello che noi leggiamo oggi sui libri di letteratura. Abbiamo in effetti alcune tracce di questo latino meno letterario e più di uso quotidiano in autori particolari, come quelli di commedie teatrali (soprattutto Plauto), di lettere ad amici e parenti (come quelle del sopracitato Cicerone) e di opere comunque con un’ambientazione vicina alla vita quotidiana (come il Satyricon di Petronio).
Ma possiamo stare tranquilli: le Heroides non sono annoverabili in questo elenco.
Le Heroides sono una raccolta di 21 lettere scritte da eroine della mitologia classica e indirizzate ai loro innamorati/amanti, colpevoli di averle abbandonate. Queste lettere sono però scritte in versi poetici e, trattandosi di un argomento piuttosto elevato (cioè quello del mito), sono caratterizzate da un linguaggio poetico e stilisticamente alto.
Però sono comunque lettere, lettere di donne innamorate e abbandonate, disperate. Quante volte, quando siamo in preda ad una forte emozione, ci dimentichiamo delle ragioni della grammatica per cedere al cuore e alle sue parole? Possibile che Ovidio (che, fidatevi, non era il primo che passava) abbia tralasciato questo particolare così importante? Possibile che non ci sia la minima traccia di latino colloquiale, in queste lettere così accorate?
2) Perché hai voluto trovare questo argomento, che conclusioni hai tratto?
Ho scelto questo argomento perché non è stato apparentemente affrontato (ancora) da alcuno studioso della materia: ci sono tanti studi sul latino colloquiale e sulle opere che maggiormente ce lo testimoniano (come le già citate commedie di Plauto, il Satyricon di Petronio, e altri), così come anche su opere meno associabili alla lingua quotidiana (l’Eneide di Virgilio, ad esempio). Nessuno però pareva essersi interessato a indagare sulle Heroides, che comunque sono un’opera poco conosciuta ai più. Peccato, perché si sono rivelate un oggetto di studio davvero interessante, e che ha dato dei risultati (numerosi e inaspettati, anche a detta del mio relatore!). In effetti, le Heroides sono e restano delle lettere d’amore; scritte in poesia, certo, ma pur sempre delle lettere, con le conseguenze del caso.
Partendo dalle poche conoscenze che abbiamo del latino colloquiale (e considerato il fatto di non avere lavori simili al mio sulle Heroides su cui basarmi) ho quindi confrontato la lingua di 12 delle 21 Heroides con quella delle opere notoriamente più vicine al parlato (commedie, epistole e lettere, etc.), e ho trovato diverse corrispondenze, soprattutto nel lessico e nei modi di dire. Sapevate che anche i Romani dicevano di sentirsi “scoppiare di rabbia”? O che, di fronte a una grande fatica che avevano appena incominciato, “sudavano già all’inizio della salita”? Queste sono solo alcuni degli esempi che ho trovato, in quest’opera. Ero partita alla ricerca di tracce, ho trovato delle vere prove.
3) In futuro continuerai ad approfondirlo?
C’è ancora tanto lavoro da fare: con la mia tesi ho analizzato solo 12 delle 21 Heroides, e ammetto che, con le conoscenze che abbiamo a disposizione sul latino colloquiale, possa essermi sfuggito qualcosa. In questo caso, sarebbe interessante ritornare sui miei passi.
4) Pensi che la tesi ti sarà utile per il tuo futuro professionale, e in che modo?
Risponderò sinceramente: la mia tesi non ha una finalità propriamente pratica, come penso traspaia dalla stessa tematica trattata. Il mio lavoro è stato avviato per puro interesse scientifico, con l’intento di progredire nel campo della ricerca.
5) Quale consiglio daresti a un collega laureando per preparare la sua tesi?
Non avere paura di esprimere la tua opinione (ma quando lo fai, curati di avere delle prove che la supportino!).
6) Il tuo corso di laurea quale figura professionale forma? Dove potresti lavorare?
Il lavoro, per chi come me decide di laurearsi in Lettere, è sempre un tasto dolente. Attualmente, lo sbocco più naturale è quello dell’insegnamento nelle scuole superiori di primo e secondo grado (medie e superiori), cui si accede tramite concorso, così come per il lavoro presso musei, fondazioni, archivi e biblioteche. Considerando però l’attuale stato di estrema mobilità nel settore privato, non è da escludere che chi sia in possesso di buone capacità di apprendimento e teamwork, nonché di una certa dose di intraprendenza, sia in grado di svolgere lavori legati alla gestione delle risorse umane. Altro sbocco lavorativo è la carriera nell’editoria. Non dimentichiamo poi la figura del divulgatore scientifico (ma solo se hai intenzione di diventare come Alberto Angela!). Infine, c’è l’attività di ricerca presso i vari Atenei (strada ardua, ma alla quale molti di noi, io compresa, aspirano), alla quale però si può accedere solo se si è dotati di grande talento, oltre che di passione.
7) Sceglieresti di nuovo il corso che hai frequentato?
Ho scelto questa strada guidata dalla mia passione per il latino e il greco, la classicità e le lingue antiche in generale. Ho seguito il cuore: non mi pento, voglio credere di non doverlo fare in futuro.
E dopo uno scritto così… non c’è altro da aggiungere. Vai avanti così Laura! Lascia che sia sempre il tuo cuore a guidarti e arriverai lontano! 🙂
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In bocca al lupo da parte di tutto lo Staff di Tesi24 e Atuttatesi