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Quante volte, da piccoli, avete giocato fingendo di essere ballerine professioniste durante uno spettacolo, o supereroi intenti a salvare il mondo?
Da soli, in coppia o in gruppo, giochi di finzioni ne abbiamo fatti molti, divertendoci nel nostro temporaneo mondo immaginario.
Sara oltrepassa la soglia del divertimento, soffermandosi ad analizzare quanto un gioco di finzione possa incidere sullo sviluppo sociale, mentale e relazionale dei bambini.

Autore: Sara Donaggio
Università degli studi di Trieste – Facoltà di Scienze e Tecniche Psicologiche – Corso di Psicologia dello Sviluppo
Titolo: Promuovere lo sviluppo sociale dei bambini: gli effetti del gioco di finzione in età prescolare
Di che cosa tratta la tua tesi?

La tesi presenta una descrizione del gioco di finzione e dei benefici che ha dimostrato avere sullo sviluppo umano da un punto di vista cognitivo, emotivo e sociale, soffermandosi sugli effetti che esso può avere nella creazione di uno stile relazionale prosociale.

Il gioco di finzione è un’attività ludica che viene spesso utilizzata spontaneamente dai bambini. Richiede loro di immedesimarsi in un ruolo che solitamente non ricoprono, costruendo una realtà alternativa in cui muoversi, sperimentare e divertirsi.

Tra le varie abilità che vengono utilizzate e vengono allenate dal bambino durante lo svolgimento di questo tipo di gioco, un ruolo importante lo hanno le abilità sociali e relazionali.
Essendo il gioco di finzione generalmente attuato in un contesto di gruppo (o quanto meno di coppia), infatti, i bambini si trovano spesso nella situazione di doversi coordinare, di doversi accordare o di dover trovare una soluzione comune che permetta la continuazione dell’astrazione.
Risulta quindi fondamentale imparare ad ascoltarsi e a comunicare con i compagni di gioco.
Ciò avviene in modo ancora più solido se, durante le fasi di gioco, vi è l’intervento diretto di una figura adulta, per esempio di un educatore.
Questa figura sostiene i bambini nell’acquisizione di modalità di interazione adeguate, le quali nel breve termine gli consentono di giocare serenamente con gli altri, ma a lungo andare gli consentiranno di relazionarsi con altre persone in un contesto sociale e di comunità.

Perché hai voluto toccare questo argomento, che conclusioni hai tratto?

A dire il vero non sono stata propriamente io a sceglierlo.
La mia idea iniziale verteva completamente in un’altra direzione, ma per la poca letteratura in merito, mi sono trovata costretta a cambiare idea.
Non sapendo da dove iniziare, mi sono concentrata sul tema, cercando quello che più mi interessasse e così ho scelto il gioco.
Ho cercato articoli generici su come il gioco intervenisse sullo sviluppo del bambino, finché non mi sono casualmente imbattuta in uno degli articoli che ho poi scelto come principali per la mia tesi.
Da animatrice ho sempre trovato affascinante quanto, con un semplice gioco, si possa trasmettere ai bambini, non solo a livello cognitivo o motorio, ma anche a livello relazionale.
Non appena ho trovato l’articolo, mi sono lasciata ispirare.
Inoltre, a dirla tutta, mi piaceva particolarmente l’idea di laurearmi discutendo di alcuni aspetti che hanno segnato la mia vita, facendomi diventare la persona che sono.

Quale consiglio daresti a un collega laureando per preparare la sua tesi?

Consiglio di non cercare il paragone con gli altri, di non avere fretta e non sentirsi in competizione. È la tua tesi, tua e basta. Non importa se gli altri la scrivono più velocemente o fanno meno fatica. Il risultato sarà un lavoro bellissimo e ne varrà la pena.

Che rilegatura hai scelto per la tua tesi e perché?

Ho scelto una rilegatura rigida in velluto, perché ci tenevo che fosse elegante e ben curata. Come colorazione ho scelto il grigio perla, per mantenere il colore della mia facoltà.

Sceglieresti di nuovo il corso di laurea che hai frequentato?

Sì, nonostante gli alti e i bassi, lo sceglierei altre mille volte. E ora che sto continuando il percorso con la magistrale ne sono ancora più convinta.

Se potessi tornare al tuo primo giorno di università, quale consiglio daresti al te stess* dell’epoca?

Alla me stessa dell’epoca direi: “Non dare troppo peso ai voti degli esami, non è quello a fare la persona che sei…Rifiuta pure qualche esame del primo anno e prova a puntare più in alto, sono una cazzata rispetto a quelli che ti aspettano più avanti.”


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