Autore: Valentina Marra
Università degli Studi di Ferrara – Corso di Laurea in Educazione Professionale
Titolo: “Cura di Sé, Cura dell’altro”
Non è possibile aiutare o sostenere una qualsiasi altra persona, senza aver prima aiutato ed ascoltato se stessi. Valentina Marra ci parla del ruolo che le esperienze di dolore e di fragilità svolgono nel lavoro dell’educatore professionale e di come esse siano un punto di partenza nell’accrescere e favorire la cura di sè e dell’altro.
Di cosa tratta la tua tesi?
All’interno della mia tesi “Cura di sé, cura dell’altro” ho deciso di affrontare il tema del guaritore ferito, archetipo che sta ad indicare la presenza di esperienze dolorose che caratterizzano anche la storia di vita dell’operatore delle relazioni d’aiuto, e non solo quella delle persone in difficoltà intente ad intraprendere un percorso di cambiamento.
Nelle relazioni che lavorativamente instauriamo, oltre alle nostre capacità professionali e personali, entrano in gioco anche i nostri dolori e le nostre sofferenze, alle quali possiamo riuscire a dare un nome ed un significato. In quest’ottica esse non rischieranno di influenzare negativamente gli scambi ed i confronti tra le due parti.
Per ognuno di noi dolore e sofferenza rappresentano esperienze legate ad una condizione di malessere, ma possono divenire immense risorse ed opportunità di crescita. Riconoscere il dolore come un sentire comune diviene fondamentale nell’accrescere la nostra e altrui cura.
Perché hai voluto toccare questo argomento, che conclusioni hai tratto?
Ho scelto questo argomento grazie al corso frequentato e forse grazie anche ad un’attitudine personale. Sono una persona che si mette spesso alla prova e tenta di comprendere sempre più i propri meccanismi e modi di reagire. Ritengo sia necessario conoscersi ed essere consapevoli di se stessi, di quali sono i propri bisogni e le proprie sofferenze.
Le conclusioni che ho tratto fanno riferimento all’accettazione del dolore come condizione ontologica che riguarda ognuno di noi. Di conseguenza, anche l’educatore professionale che, nonostante sia una figura capace di sostenere e accompagnare la persona in difficoltà, è anch’esso una persona fragile. Oltre ciò, nell’educatore professionale vi dev’essere anche un’energia costruttiva, delle parti trofiche che gli consentano di essere una presenza stabile, coerente, autentica ed empatica nelle relazioni che instaura.
In futuro continuerai ad approfondirlo?
Questo sarà sicuramente un argomento che continuerò ad approfondire nell’arco della mia vita personale e professionale. Anche se le esperienze di dolore e sofferenza non smetteranno di far parte della mia quotidianità, gradualmente saprò dare loro un nome, un significato e saprò intenderle anche come opportunità di crescita e di incontro.
Quale consiglio daresti ad un collega laureando per preparare la sua tesi?
Il consiglio che dò ad un laureando è quello di scegliere un argomento capace di entusiasmarlo e incuriosirlo, che sia diverso da quello delle tesi svolte da altri laureandi. La tesi è il primo lavoro che consente ad un giovane di cimentarsi nella scrittura, di esprimere le proprie idee. Lavorare ad una tesi può essere faticoso ed estenuante, ma estremamente gratificante.
Il tuo corso di laurea che figura professionale forma? Dove potresti lavorare?
Il corso che ho frequento abilita alla figura dell’Educatore professionale. Si tratta di una figura poco conosciuta, ma che svolge un lavoro fondamentale nell’ambito sociale e sanitario: accompagna e sostiene persone in difficoltà. L’ambito di intervento è molto ampio: spazia dalla disabilità fisica e mentale, minori non accompagnati, anziani, persone con disturbi psichici, con problematiche alcol correlate o legate all’uso di sostanze, criminalità e fragilità sociali in generale.
Al momento sto lavorando all’interno di una comunità residenziale che accoglie esclusivamente uomini adulti con problemi alcol correlati o legati all’uso di sostanze, ludopatia, disturbi psichiatrici, fragilità della sfera adulta, o persone che ottengono una pena alternativa al carcere.