Gianmarco Mellini e il disturbo topografico dell'orientamento

Se orientarsi ti sembra scontato… sappi che non è sempre così. Esiste il disturbo topografico dell’orientamento che, seppur raramente, può interessare persone di diverse età ed è caratterizzato da una completa incapacità di orientamento.

Gianmarco ha scelto questo argomento, affrontando nello specifico questo disturbo nell’anziano (fascia d’età in cui il disturbo si presenta anche come sintomo di varie patologie neurologiche degenerative).

Come funziona il nostro senso dell’orientamento e la nostra memoria spaziale è oggi uno degli oggetti di studio più affascinanti delle neuroscienze.

Alcuni anni fa Giuseppe Iaria, neuroscienziato italiano che all’Università di Calgary (Canada) fa ricerche in questo ambito e ha identificato quello che ritiene un vero e proprio disturbo, Developmental Topographical Disorientation, DTD in sigla: chi ne è affetto si smarrisce anche tra le mura di casa.

Già dalla fine dell’Ottocento sono noti casi di persone che, colpite da un tumore al cervello o da un ictus o in seguito a un trauma, perdono la capacità di orientarsi nello spazio. Abbiamo trovato un libro di Colucci del 1903!

In uno studio pubblicato nel 2009, Iaria ha descritto il primo caso di paziente con disorientamento topografico: una quarantatreenne, perfettamente sana e intelligente, che fin da quando era bambina era tragicamente e completamente incapace di trovare la strada perfino negli ambienti più familiari.

Nessun esame ha mai evidenziato anomalie o lesioni nel suo cervello, ma la risonanza magnetica funzionale ha mostrato che, a differenza delle altre persone, il suo ippocampo sembra completamente dormiente quando impegnato in compiti che richiedono senso dell’orientamento. Pare che sia proprio grazie a questa struttura del cervello che riusciamo a formare una mappa cognitiva dell’ambiente in cui viviamo, vale a dire una rappresentazione mentale sulla quale possiamo interiormente piazzare dei punti di riferimento per muoverci e trovare la strada.

Secondo Iaria, il problema delle persone con disorientamento topografico è che non riescono a costruire questa mappa mentale. La paziente è stata la prima il cui caso è stato descritto, ma non è l’unica. Da quando Iaria ha messo in piedi un sito, Getting Lost, in cui parla dell’argomento, altre persone si sono fatte vive sostenendo di soffrire di questo disturbo.

Oltre ad aiutare le persone affette da questa sindrome (sembra per esempio che con un allenamento con videogiochi specifici o un addestramento “sul campo” le persone migliorino), queste ricerche potrebbero spiegare perché alcuni siano più bravi di altri a orientarsi, e quali strategie cognitive usino, oppure aiutare a chiarire da che cosa dipendano le differenze individuali. Che, come è evidente a tutti, esistono. Sembra per esempio che gli uomini siano più bravi a costruire mappe mentali e a capire dove si trovano anche in assenza di punti di riferimento, mentre le donne avrebbero bisogno di un numero maggiore di “segnaposti” per trovare la strada, ma sarebbero migliori degli uomini nel trovare oggetti.

Ringraziamo Gianmarco per averci fatto scoprire qualcosa che non conoscevamo. Si impara sempre qualcosa di nuovo dalle vostre Storie di Tesi!

I disturbi Spaziali ed Immaginativi

Autore: Gianmarco Mellini

Università degli Studi di Bologna – SCUOLA DI PSICOLOGIA E SCIENZE DELLA FORMAZIONE
Titolo: DISTURBO TOPOGRAFICO DELL’ORIENTAMENTO: UN COMPITO DI MANIPOLAZIONE MENTALE DELLO SPAZIO

La mia tesi propone un’analisi del disturbo topografico dell’orientamento.
Nello specifico, si guarda alle relative capacità cognitive della popolazione anziana normale, in modo da avere dei parametri di controllo, non reperibili in letteratura, per i pazienti della stessa età.

Non ho scelto l’argomento in sé, in quanto mi è stato posto come alternativa ad un progetto che non è stato possibile continuare. Durante il mio corso, però, mi sono innamorato delle neuroscienze e della neuropsicologia, così qualsiasi cosa che potesse essere inerente a queste discipline mi avrebbe comunque stimolato. In più la tesi che mi hanno proposto con questo argomento era di tipo sperimentale e non mi dispiacerebbe continuare a lavorarci prossimamente.

Questa esperienza mi ha sicuramente aiutato sia a livello conoscitivo, sia a livello pratico, e non ho dubbi che mi possa tornare utile in futuro in quanto è stato necessario preparare un disegno di ricerca, somministrare test e interpretare i risultati.

Come consiglio per i futuri laureandi? Tanta pazienza e molta organizzazione.

Il mio corso fornisce una laurea triennale in scienze e tecniche psicologiche da prendere relativamente in considerazione. Per avere delle vere possibilità lavorative è necessario continuare nella magistrale. Se uno volesse smettere, solamente con questa laurea potrebbe entrare nell’albo degli psicologi di classe B e ricoprire il ruolo di psicologo junior. Non potrebbe, però, fare assolutamente nulla senza la presenza di uno psicologo appartenete all’ordine di classe A (e anche a quel punto potrebbe unicamente assistere).Sceglierei questo corso altre mille volte ancora.

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