Giada-Lucrezia-Cefis--Aida

Aida è un’opera di Giuseppe Verdi, in quattro atti. L’opera narra le vicende di Aida, figlia del re etiope, fatta schiava e portata in Egitto, dove nessuno conosce la sua vera identità.
La storia racconta dell’amore impossibile tra Aida e Radames, comandante dell’esercito egiziano e promesso sposo della figlia del Faraone.
Giada Lucrezia, appassionata di questa opera, ha deciso di analizzarla nella sua tesi.

Autore: Giada Lucrezia Cefis
Università degli Studi di Bergamo – Dipartimento di Lettere, Filosofia e Comunicazione
Titolo: Aida – La trasformazione di un’opera – Dal 1871 all’ipertecnologia de “La Fura dels Baus”
Di che cosa tratta la tua tesi?

La mia tesi tratta dell’opera lirica di Giuseppe Verdi: l’Aida. Si tratta di un’analisi dell’opera partendo dalla sua nascita, nel 1871, e arrivando al 2013, con la più grande, futuristica, tecnologica e innovativa rappresentazione eseguita dalla compagnia teatrale portoghese La Fura del Baus.
Viene analizzata anche la trasposizione cinematografica del 1953 diretta da Clemente Fracassi, con la superba interpretazione di Sophia Loren nel ruolo della protagonista.
E ancora, viene analizzato il film d’animazione Aida degli Alberi, prodotto da Lanterna Magica con la regia di Guido Manuli.
Ad accrescere questo immersivo viaggio alla scoperta dell’Aida verdiana, sono centrali le immagini dei bozzetti riguardanti scenografie e costumi.

Perché hai voluto toccare questo argomento, che conclusioni hai tratto?

Sono due i motivi che mi hanno spinto a volter trattare questo tema.
Il primo è sentimentale: l’Aida era una delle opere preferite di mio nonno, il quale purtroppo non c’è più. Lui adorava andare al Festival Areniano a Verona e, quando leggeva l’Aida sul cartellone della programmazione, gli brillavano gli occhi.
Il secondo motivo è perché ritengo che questa opera sia di una bellezza immensa, affronta temi profondi e ancora attuali. E non solo: le scenografie e le musiche coinvolgenti fan sì che questa opera risulti quasi magica.
È la mia opera preferita, quella che non mi stancherei mai di guardare.

Quale consiglio daresti a un collega laureando per preparare la sua tesi?

Il consiglio che mi sento di dare ad un collega laureando è di tenere vivi i contatti con il relatore/la relatrice. È utile non far passare troppo tempo senza avere confronti. Consiglio anche di stilare insieme una scaletta della tesi, così da poter lavorare bene e velocemente anche in autonomia.
Mi sento di dare questo consiglio sulla base della mia esperienza personale. Purtroppo la mia relatrice spariva per settimane e mi sono ritrovata così a dover aspettare più tempo del previsto per la correzione dei capitoli.

Che rilegatura hai scelto per la tua tesi e perché?

La rilegatura scelta per la mia tesi è una Rigida Premium – Materica, color nero ardesia con incisione oro. La trovo estremamente elegante e raffinata ma al contempo particolare e assolutamente non banale! Direi unica e inaspettata. Inoltre è la perfetta antitesi della mia tesina per la maturità (che era bianca e argento), come a simboleggiare un cambiamento e una crescita personale.

Sceglieresti di nuovo il corso di laurea che hai frequentato?

Inizialmente non sapevo cosa rispondere a questa domanda, poi mi sono soffermata a pensare a dove sono arrivata.
L’indirizzo Lettere curriculum Arte, Moda, Design e Culture Visive mi ha dato tanto. Mi ha aperto al mondo artistico a 360°, da un punto di vista totalmente nuovo ed integrante.
Questo corso ha, inoltre, incrementato il mio amore per il teatro.
E, grazie a un esame in particolare, sono riuscita a uscire dal buco nero del “cosa fare nel futuro” e a scegliere in maniera chiara il cammino che voglio intraprendere: Graphic Design.
Quindi, in conclusione, penso proprio che lo risceglierei.

Se potessi tornare al tuo primo giorno di università, quale consiglio daresti al te stess* dell’epoca?

Ricordo il mio primo giorno di università: è stato abbastanza traumatico. Mi sentivo spaesata, fuori posto, non conoscevo nessuno. Ricordo di aver telefonato al mio ragazzo in lacrime.
Però, dopo neanche una settimana, ho incontrato persone meravigliose con cui ho condiviso momenti di felicità e gioia, ricevendo supporto nei momenti di sconforto e rabbia.
Alla me stessa dell’epoca direi: “Non avere paura. Non avere paura di non essere all’altezza, paura della novità, paura di sentirti fuori posto. Siamo tutti nella stessa barca. E mi raccomando: vai avanti a testa alta, perché sei più forte di quanto credi!”


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