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“In bilico tra santi e falsi dei”… È con la citazione della canzone dei Negramaro (Estate) che Viviana ci introduce l’argomento della sua tesi nella quale analizza le difficoltà che si presentano ai giovani d’oggi, che vogliono intraprendere il percorso dell’abbandono del nido familiare.

Autore: Viviana Ricci
Università Ecampus Novedrate – Facoltà di Psicologia – Corso in Clinica e Dinamica
Titolo: Giovani di oggi, giovani di ieri”: difficoltà nell’abbandono del nido familiare, riflessioni sull’influenza dei dettami del gruppo primario e comparazione teorico transculturale in riferimento alla fascia di età dell’ Emerging Adulthood
Di che cosa tratta la tua tesi?

La mia tesi affronta il tema dell’ Emerging Adulthood, ossia la fascia d’età che va dai 18 ai 35 anni circa.
Durante questa fase si delineano le caratteristiche personologiche, identitarie e culturali, economiche e professionali e/o di studio, che contraddistinguono un individuo da un altro.
Lo studioso Arnette riconobbe come la maggior parte dei giovani adulti, pur appartenendo a contesti sociali differenti, siano in realtà accomunati dalla continua oscillazione tra senso di vulnerabilità e precarietà e lo stato di ottimismo e senso di sé.
Ciò permette ai giovani, dunque, di conoscere effettivamente le risorse a disposizione per trovare il proprio ruolo e posizione nel mondo.

Perché hai voluto toccare questo argomento, che conclusioni hai tratto?

Io stessa faccio parte dei giovani adulti che vivono “in bilico tra santi e falsi dei”.
Intendo dire che faccio parte di quel gruppo di persone che si ritrova a supplire alle esigenze di una società sofisticata e complessa. Ma allo stesso tempo, impegnato a ricercare la propria strada per raggiungere i propri sogni, iniziando magari dall’abbandono del nido familiare.

Ho raggiunto un momento della mia vita dove non mi sono sentita soddisfatta dei miei risultati, come se non avessi ancora realizzato qualcosa di concreto.
Mi sono accusata di non essermi impegnata abbastanza.
Ma ho cominciato poi a chiedermi se le colpe fossero esclusivamente da attribuire a me stessa, oppure se vi fossero state altre condizioni esterne a influenzare il mio percorso.
In risposta alle mie domande (in accordo con il filosofo Cartesio), ho capito che io SONO l’artefice del mio destino e posso, perciò, controllare tutto ciò che potrebbe accadere nel mio futuro.

In altre parole, ho scelto di sviluppare questa tesi perché ho avuto la fortuna di riconoscere la bellezza della vita e di quante opportunità ho (e avrò) ancora a disposizione.

Quale consiglio daresti a un collega laureando per preparare la sua tesi?

Mi sentirei di dare questi 3 consigli:

  1. Di scegliere in anticipo il docente con cui sviluppare il progetto di tesi.
    Nel mio caso, ho contattato la professoressa già al termine del primo anno di magistrale. Ciò mi ha permesso di lavorare con tranquillità, maggior concentrazione e professionalità.
    Inoltre, la professoressa mi ha permesso di prendere contatto con altre due docenti universitarie per ulteriori specifiche.
  2. Consiglio di sviluppare la tesi su un argomento che appassiona.
    Il mio argomento di tesi mi ha particolarmente affascinata, sia per il vissuto in prima persona, sia perché si tratta di un contenuto nuovo e poco trattato in Italia.
  3. Infine, consiglio di definire l’obiettivo finale dell’elaborato, lo scopo della tesi.
    Nel mio caso, l’obiettivo era quello di organizzare un testo attorno a questioni più umane e alla portata di tutti.
Che rilegatura hai scelto per la tua tesi e perché?

Ho scelto una rilegatura rigida in similpelle rossa. Ho scelto questo colore in collegamento con l’area psicologica e medico-sanitaria, ma anche per fare un richiamo al primo chakra, quello della Terra, delle origini e della famiglia.

Sceglieresti di nuovo il corso di laurea che hai frequentato?

Sì, sceglierei mille volte ancora lo stesso corso.
Oltre ad aver ricevuto una formazione professionale, mi sento di essere cresciuta molto. Ritengo che il corso in psicologia clinica e dinamica dia l’opportunità di sviluppare le capacità per accogliere il dolore degli altri in maniera abile., oltre a formare professionisti in grado di far riflettere sulle potenzialità che un soggetto possiede per risolvere i propri problemi, anche quando a primo impatto possono sembrare insormontabili.

Se potessi tornare al tuo primo giorno di università, quale consiglio daresti al te stess* dell’epoca?

Mi abbraccerei e, guardandomi negli occhi sorridendo, mi direi “Non aver paura, perché di qui a poco accadranno per te solo cose meravigliose!”.


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