Competenze? Quali?

Dall’ANSA e da Skuola.net arriva il vademecum delle 6 competenze da avere sul Curriculum Vitae per trovare lavoro. Alla domanda sulle competenze richieste hanno risposto 1200 dirigenti del settore privato.

Ecco alla ribalta: competenze linguistiche, digitali, soft skills (capacità di lavorare in gruppo, di organizzare il proprio tempo, proattività,…), master e formazione post-universitaria, Erasmus ed esperienza lavorativa durante gli studi.

Queste le 6 competenze che pare siano più richieste e “facciano colpo” sui manager di casa.

Ci siamo chiesti cosa siano queste “competenze” e perchè questa parola sia oggi tanto in voga.

Per il significato, facile. Basta cercare su internet e ci si imbatte in 1000 definizioni, manco fosse da definire l’umanità intera!

Ripartiamo allora dal significato della parola (ecco perchè ci fanno studiare greco e latino! Sapevo che mi sarebbe servito a qualcosa prima o poi…)

Competenza deriva dal verbo latino competere da cum- “insieme” e –petere “dirigersi a”, andare insieme, far convergere in un medesimo punto, ossia mirare ad un obiettivo comune.

Quando in conclusione una persona è competente in qualcosa? Quando è conveniente, congrua e appropriata (secondo il dizionario etimologico della lingua italiana di Cortellazzo e Zolli, che di sicuro ne sanno più di noi). Competente è chi agisce con prestazioni adatte alla richiesta e coerenti con i valori di un gruppo. “La competenza è essenzialmente ciò che una persona dimostra di saper fare (anche intellettualmente) in modo efficace, in relazione ad un determinato obbiettivo, compito o attività in un determinato ambito disciplinare o professionale. Il risultato dimostrabile ed osservabile di questo comportamento competente è la prestazione o la performance”. (La nuova maturità – Rosario Drago – Centro studi Erickson – Aggiornamento 2000).

Ecco allora che si va tutti parlando sempre più di competenze che di prestazioni. Un’ottica di prestazione fa riferimento alle singole azioni lavorative o di studio messe in atto misurandole in base ai risultati ottenuti. Un’ottica basata invece sulle competenze va a misurare in modo globale e completo il grado di “expertise”, di esperienza del singolo, del suo bagaglio personale e professionale.

Ci sono vari modi di “classificare” le competenze.
Oggi ti presentiamo questo:
1) competenze di base
2) competenze tecnico-professionali (legate alla propria figura professionale, connesse ad azioni e processi specifici)
3) competenze trasversali (aspecifiche, relazionali, organizzativo-gestionali,…)
Le competenze di base: speriamo che ce le diano le elementari e il nostro semplice “stare al mondo”!
Le competenze tecnico-professionali: di queste… beh l’università forse, se è un corso di buona qualità e se noi abbiamo un alto grado di attivazione/interessamento, ci dà un’infarinatura che va quotidianamente aggiornata con formazione continua e costante. Insomma non si finisce mai di imparare (e di studiare!)
Per il resto… chi fa da sè fa per 3! E qui iniziano i guai!
Vediamone alcune:

PRESTARE ATTENZIONE, PERCEPIRE, RAPPRESENTARSI, INTERPRETARE, RELAZIONARSI, 

RICONOSCERE SÈ E L’ALTRO, ASCOLTARE, COMUNICARE, COOPERARE, ASSUMERSI RESPONSABILITÀ, PROGETTARE, PRENDERE L’INIZIATIVA, DECIDERE
E queste si imparano sui banchi sin dalla scuola materna ma i banchi non sono sufficienti! Per questo prendono valore nel proprio CV le esperienze post-universitarie, le esperienze lavorative anche se non strettamente connesse al proprio profilo professionale, i viaggi, gli interessi (quella categoria del CV che se ti spremi le meningi e scrivi qualche punto… è una gran cosa!), il volontariato…
Insomma tutte quelle attività in cui da soli o in gruppo prendiamo parte a qualcosa, diventiamo un ingranaggio di un processo, impariamo non solo a fare ma anche ad “agire”, sviluppiamo quelle che qualcuno chiama “soft skills” (che poi tanto “soft” non sono!). Assume importanza tutto il bagaglio della persona, non solo il titolo di studio, non solo lavori svolti precedentemente. Tutto prende peso ma se fatto con senso e significato e se ci fa imparare a “lavorare per qualcosa”, a “competere”.
Ecco allora che scrivere il proprio CV diventa un’esperienza di analisi e racconto del proprio bagaglio e non una semplice compilazione (tipo “lista della spesa”) dei titoli conseguiti. Così si arriva sicuramente più preparati anche ai colloqui di lavoro e niente più scene mute di fronte al nostro futuro datore di lavoro! 🙂
In bocca al lupo e buona “autobiografia”.

NESSUN COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.